Educare il bambino tramite ascolto e fiducia
Ascoltare i figli e credere in loro è un approccio educativo che “paga” sempre, anche quando questo, almeno in un primo momento, potrebbe sembrare che ci complichi la vita. Eccone un esempio di vita vissuta.
A 4 anni e mezzo mio figlio Cesare ha tenuto 2 mesi il gesso al braccio; nello stesso periodo mio padre era all’ospedale con la seconda vertebra del collo rotta. Era estate, la scuola era chiusa e mio figlio non poteva andare ai centri estivi perché il medico mi aveva raccomandato di evitare assolutamente che Cesare subisse urti o cadute per non rischiare di dover operare il braccio.
Per poter meglio gestire il mio lavoro, mio padre in ospedale e Cesare, decisi quindi di chiedere un aiuto esterno e mi affidai a tre babysitter, che si turnavano dal lunedì al venerdì. Tra di loro vi era Sara (nome di fantasia), una signora che, anni prima, si era già occupata di Cesare: ero sicura che almeno con lei si sarebbe trovato bene.
Dopo un paio di giorni, invece, Cesare iniziò a non voler stare in sua compagnia: diceva frasi come “Mamma, guarda che se viene ancora Sara io me ne vado a vivere da solo”, o “Mamma io non la voglio, se c’è lei me ne vado!”. Quando gli chiedevo se fosse successo qualcosa, se lo avesse trattato male, o avesse detto delle cose che lo avessero ferito in qualche modo, lui rispondeva sempre di no, ma che comunque non gli piaceva e non voleva stare con lei.
Nonostante la situazione complessa per me, decisi di dare ascolto a Cesare e spiegai tutto a Sara: le dissi che purtroppo non potevo più collaborare con lei perché mio figlio non si sentiva bene all’idea di stare in sua compagnia, pur non sapendone spiegare il motivo.
Prima di congedarla le dissi: “Sai, Cesare è un bambino che ha una forte percezione delle persone. Io non credo che tu sia stata scortese con lui, però voglio che lui sia sereno. Tu come stai in questo periodo? È un momento particolare per te o stai bene?” e lei mi rispose: “In effetti è un momento particolare: mi sto separando e provo tante emozioni, a volte contrastanti fra loro. Però ti assicuro che non sono mai stata scortese con Cesare, né ho pianto o cose simili.” Le ho risposto: “Ti credo. Ma adesso capisco perché Cesare non vuole stare con te: percepisce confusione e tensione in te e non sa dire bene cosa sente, ma per lui è troppo, sommato anche alla complessità e frenesia del momento che stiamo vivendo per via del nonno in ospedale. Non ti preoccupare. Prenditi il tempo per avere cura di te. Stai serena e grazie mille per la tua disponibilità.”
Probabilmente, al mio posto, molti genitori avrebbero detto al bambino di non fare i capricci, che Sara è una brava signora e che la mamma è molto presa da altro e non può cercare una sostituta.
Però mi chiedo: voi sareste contenti di passare tanto tempo con qualcuno che a pelle non vi manda vibrazioni positive? Non credo. Perché invece un bambino dovrebbe accettarlo? Perché dovrei insegnare a mio figlio a farsi andare bene per forza qualcosa che sente non essere bene per lui? Sarebbe stato solo per una mia comodità, di fatto apparente, perché comunque mi sarei ritrovata a dover gestire l’ansia di Cesare ogni volta che stava in compagnia di Sara. Nessuno, alla lunga, avrebbe tratto alcun beneficio da questa situazione.
Io scelgo di ascoltare mio figlio e dargli fiducia: lo ritengo non solo giusto, ma indispensabile per una sana crescita emotiva. Inoltre come potrei aspettarmi che lui mi ascolti e mi dia fiducia, se io non la do a lui?